Letteratura

Vinci: fiabe anche per noi adulti

Ricevo un libro di Simona Vinci che sembrerebbe essere legato in partenza a un genere minore, quello delle opere per l’infanzia di cui si tiene proprio qui a Bologna un salone di grande spicco, ma che personalmente mi guardo bene dal frequentare, in quanto non amo la letteratura che si fissa da subito dei paletti limitativi. Ma non è il caso di questo intervento della nostra autrice, che al contrario mi pare si possa iscrivere tra le sue prove più riuscite, al punto da riscattare certi passi falsi del suo passato. Naturalmente anche lei è stata uno degli ospiti provvidenziali piovuti ai nostri incontri di Reggio Emilia (RicercaRE), con dei racconti che si segnalavano per un sottile, atroce autolesionismo, quasi da Body Art tradotta sulla pagina. Ma poi mi aveva deluso il suo “Dei bambini non si sa nulla”, del 97, in cui, forse temendo di non aver dato prova, nelle sue precedenti prestazioni, di una crudeltà degna della “Gioventù cannibale”, secondo i dettami allora vincenti imposti dal duo Cesari-Repetti, aveva voluto attribuire proprio allo stato infantile la capacità d produrre atti di illimitata crudeltà, quasi spezzando ogni possibile legame tra quella condizione del nostro sviluppo e l’ età adulta. Ebbene, in questa operetta ispirata alle Fiabe dei Fratelli Grimm c’è in qualche misura il riscatto, dato che per loro natura le fiabe sono appannaggio dell’età infantile, ma ora la Vinci le rivisita senza chiudere i rapporti con il suo stato attuale, senza cioè abbassare tra l’uno e l’altro stato una barriera di incomunicabilità. Forse proprio il titolo dato a questa riflessione, “Mai più sola nel bosco”, sta proprio a indicare un simile intento di stabilire un ponte. Non si tratta, sia beninteso, di un atto di disarmo della condizione puerile, di un lasciarla sotto il peso degli incubi suscitati dl timori di incontrare nel bosco il lupo o altri essere malvagi. Ho parlato di un piacevole aspetto di continuità, infatti anche nel suo io da bambina la Nostra riconosce che in lei erano già presenti i caratteri di una combattività indomita, di chi non cede alle paure, e insomma non accetta la condizione di una fanciulla smarrita, sottoposta a tutti i possibili timori. Anzi, sul filo della memoria ricorda di essersi mossa anche in quell’età senza paure reverenziali, comportandosi più da maschiaccio che da tremebonda ragazzina. Forse proprio quelle prove di autopunizione, di masochismo atroce che avrebbe dovuto confessare nel suo sviluppo successivo se le infliggeva già allora, ma in modo “innocente”, quando lasciava che le ingiurie del bosco coi suoi rami, e in genere i contatti rudi con la natura divenissero come cicatrici incise sulla sua pelle. Merito insomma di questa prova, nonostante la sua aria marginale, come scritta appena con la mano sinistra, è di aver sostenuto una tesi continuista , che cioè “l’infanzia persiste tutta la vita” (p. 35), nel nome e nel segno di un “matrimonio mistico tra uomini e natura” (p. 23), con uno scambio reciproco di ferite, oltraggi, ma anche accordi, dolcezze quasi mistiche. E beninteso, prima regola per giungere a una simile maturità incondizionata, fuori del tempo, è che i bambini, magari senza darsi ad atrocità innominabili, però rifiutino la rete protettiva fornita dalle famigli, da genitori troppo inclini a proibire questo o quello. Ovvero, come è detto in un altro brano significativo, bisogna liberarsi dall’”odore putrescente dei legami familiari” (p. 32). Che questa operetta non sia certo rivolta, in modo untuoso e ipocrita, alla limitata comprensione del solo universo infantile, lo indicano anche i vari squarci rivolti ad approfondire la conoscenza dei fratelli Grimm. E’ chiaro che un lettore davvero ingenuo si sentirebbe del tutto esonerato da un simile compito di guardare dietro il teatrino, di indagare sui burattinai che ne animano i mostri, buoni o cattivi che siano. Ma una scrittrice che sa bene dei misteri della vita, della psicopatologia quotidiana non arretra certo davanti al compito di aprire un fascicolo su questi enigmatici e in buona misura disgraziati fratelli estensori delle favole, quasi per dare sollievo al loro personale male di vivere. Volendo, la nostra Vinci ne potrebbe estrarre tante storie, degne dei suoi racconti o romanzi, già stesi o progettabili in un prossimo futuro.
Simona Vinci, Mai più sola nel bosco. Marsilio. pp. 155. Euro 12.

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