Arte

A Bergamo davvero una Regina della scultura

In questo periodo procedo tranquillo alle mie visite di mostre in modalità puramente virtuale, dato che lo stupido, insulso divieto emesso dal ministro Franceschini le obbliga alla chiusura. Rendo quindi omaggio da lontano alla GAMEC di Bergamo, magari permettendomi di osservare che il riferimento a un’arte “moderna” presente nell’intitolazione del Museo è indebito, a stare almeno alle periodizzazioni dei manuali. Siamo invece in pieno nell’ambito del contemporaneo, ma certo dire GAC sarebbe alquanto banale, ne esistono già altre. Visto che ho l’abitudine, proprio per scongiurare il bisticcio tra il moderno e il contemporaneo, di sostituire quest’ultimo col postmoderno, ne potrebbe saltare fuori un acrostico del tipo GAPM, Galleria d’arte postmoderna. Ma sono quisquilie, da perdonare a un vecchio insegnante. quello che conta è che ora quella sede ci dia una mostra di Regina, al secolo Cassolo Bracshi, con un’ampia rassegna forte di ben 250 lavori, a cura del bravo direttore, Lorenzo Giusti, che avremmo avuto avere come padrino l’anno scorso al nostro tradizionale Video Yearbook, se ci fosse stata la possibilità di effettuarlo. Regina è uno dei numerosi protagonisti che hanno animato la scena di un Secondo Futurismo, come risulta dalle cronache di rigorosa filologia stese da Enrico Crispolti, aprendo anche alle presenze femminili, che non erano comparse nella prima versione, severa e schizzinosa, del movimento futurista svoltasi a Milano, quando il gran capo, lo stesso Marinetti, predicava a favore dell’amore libero, senza inciampi sentimental-borghesi. Ma poi, trasferitosi a Roma, era caduto lui stesso nella trappola, facendosi sorprendere dai compagni increduli mentre quasi di nascosto se ne stava in un cinema di periferia con una fanciulla molto più giovane di lui, Benedetta Cappa, con cui avrebbe creato un nucleo familiare dei più regolari, permettendo d’altra parte a Benedetta, oltre che di essere ottima madre di famiglia, di onorare al meglio il repertorio futurista sia con dipinti significativi, sia con prove letterarie perfino superiori a quelle del marito. Naturalmente siamo nel pieno del Secondo Futurismo, con regia posta nelle mani del duo Balla-Depero, capaci di giocare abilmente tra riferimenti iconici stilizzati e colorismi vivaci, salvando magari l’anima con un riferimento alle nuove tecnologie attraverso l’Aeropittura, che però era un modo per conciliare il diavolo e l’acqua santa, di tenere unita una certa chiave di dinamismo con un paesaggismo abbastanza fermo e piacevolmente colorato ad arcobaleno. In fondo, una zampata più energica era riuscito a darla il solito Boccioni, quando aveva dichiarato che la pittura doveva attraversare i corpi come i raggi x, o che lo spazio doveva essere invaso da emissioni ondulatorie, quasi preannunciando il ricorso ai tubi al neon. Ma i Secondo-Futuristi, anche nella scultura, avevano fatto del loro meglio per reggere a queste imposizioni, basti fare l’elenco dei materiali di cui si valeva Regina nelle sue sculture: alluminio, filo di ferro, latta, stagno, carta vetrata. Magari, si potrà obiettare che pur nella loro estenuazione e apertura a materie vili e quotidiane, queste rimanevano prigioniere di un qualche grado di plasticità, da qui la possibilità di tranciarle in modo da ottenere, poniamo, il profilo leggero e delizioso di una ballerina, o qualche maschera rituale. E anche sul versante maschile i Di Bosso e Mino Rosso si ponevano a mezza strada, proponendo immagini magari con muscolatura aperta, diramata, flessuosa, ma nello stesso tempo pronta a fare massa, a occupare stabilmente lo spazio. Era comunque tutta un’area di sperimentalismo che Crispolti ha fatto molto bene ad acquisire nei ruoli del contemporaneo, o, per dirla a modo mio, del postmoderno. Regina, di lunga carriera, in definitiva è rimasta fedele alla iniziale vocazione tecnologica in quanto, nel dopoguerra, si è alleata al fronte del Movimento Arte Concreta, improntato a un geometrismo estroso, sotto la guida di Bruno Munari, che in definitiva ha assunto l’eredità Balla-Depero pilotando certi principi del Futurismo nelle acque non del tutto propizie del secondo Novecento.
Regina della scultura, a cura di Chiara Gatti e Lorenzo Giusti, Bergamo, GAMEC.

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