Letteratura

Ciabatti, troppe storie che non riesce a controllare

Ci risiamo, Teresa Ciabatti rischia di nuovo di entrare nella cinquina dello Strega, edizione 2021, per cui al momento ha superato una prima eliminatoria entrando tra dodici prescelti. Allora era giunta addirittura seconda, ma io perversamente mi ero divertito, in una sede un tantino più ufficiale di questa, quale il mio solito contributo di “pollici” sull’”Immaginazione”, a rovesciare il verdetto, mettendola al penultimo posto. Se ce la facesse anche questa volta a passare l’ostacolo, sarei pronto di nuovo a degradarla, anche se sono ben consapevole della nessuna conseguenza e implicazione per lei di questo gesto. Le mie scelte, le ho già espresse, nella dozzina della prima scrematura voterei per Bajani e Mozzi. E pensare che in definitiva il titolo della precedente opera della Nostra, “La più amata”, era meglio centrato e comprensibile, mentre di quello attuale, “Sembrava bellezza”, non si afferra proprio il senso. Il difetto della Ciabatti è di volersi trascinare dietro troppe storie, troppe vicende, come di un cuoco che mette sul fuoco molte pentole nello stesso tempo, o di un giocatore che si allena lanciando nello spazio numerose palle che poi non riesce a riprendere o comunque a controllare. Andiamo a vedere da vicino una simile abbondanza di trame non ben amministrate. C’è la protagonista, che si ritaglia per sé un ruolo incoraggiante e narcisista, nella misura che, come ammette, molto di queste storie rispecchiano dati di autentica autobiografia. E’ un’autrice di successo, che si presenta al pubblico in riunioni affollate e di largo seguito, ma ecco subito l’insidia, rappresentata da una figlia, Anita, che non accetta quel ruolo di primadonna della madre, glielo contesta, fino ai limiti della nevrosi. Questo dissidio genitoriale è destinato a ripetersi, proprio per l’insaziabile voracità della nostra scrittrice, infatti esso affligge anche una sua buona amica dell’ormai lontana, per entrambe, adolescenza, Federica, anche lei con seri problemi in rapporto a una prole ribelle. Sullo sfondo si para l’unico personaggio che potrebbe dare consistenza e autenticità a questa storia, nella persona di Livia, sorella di Federica e intima amica della protagonista. Questa Livia, anche lei colta nella sua adolescenza, rappresenta ogni possibile dote, a cominciare dalla bellezza, per cui, se a questa allude il titolo, non si tratta di un “sembrare”, di un’apparenza ma di una realtà. Oltre alle doti fisiche, Livia ne ha altrettante a livello psichico, infatti è una ribelle, in aspro dissidio verso i genitori, decisa a vivere la sua vita, ad affrontare senza remore le vie del sesso. Tanto ribellismo la induce a tentare una fuga da casa, con esito disastro, in quanto cade in malo modo vedendo per sempre compromessa la sua salute sia fisica che mentale. C’è un debole filo di “giallo” in questo incidente, in quanto qualcuno potrebbe averla spinta al gesto malsano, un giovane innamorato, o addirittura l’autrice stessa che ci parla in prima persona e che certo nutre da quel momento un forte senso di colpa verso l’amica. Quella sarebbe stata la via di salvezza del romanzo, ovvero la pseudo-narratrice che ci parla in prima persona avrebbe dovuto abbandonare tutte le altre storie, concentrarsi per un ritratto, davvero attuale e intrigante, di questo personaggio che diviene portatore di follia, di comportamenti imprevedibili, spiazzanti. Al loro confronto, i vari dissidi che pure si accalcano in queste pagine diventano dei riempitivi abbastanza inutili e ridondanti. Ma la Ciabatti non sembra intenderlo, come un ricercatore d’oro che non capisce bene quale sia la pepita davvero feconda e remunerativa.
Teresa Ciabatti, Sembrava bellezza, Mondadori, pp. 239, euro 18.

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