Attualità

Dom. 1-7-18 (Murri)

Non avrei nulla da aggiungere a quanto dicevo nel mio domenicale scorso, del 24 giugno, se non che pochi giorni dopo, giovedì 28, ho avuto occasione di esporne una sintesi in un incontro organizzato dalla sezione Murri del Pd. Quando sono arrivato, vi ho trovato una platea di anziani come me, o di poco più giovani, che si chiedevano tristemente cosa fare per evitare il declino emerso dalle ultime votazioni. In proposito, anche se questo non è stato l’oggetto del mio intervento, vorrei mandare un cenno di incoraggiamento, un invito a non credere ai tristi profeti di sventura, di scomparsa definitiva. La socialdemocrazia è una forza ancora presente nel mondo Occidentale, è al governo in Spagna e in Grecia, e perfino in Germania, seppure in posizione minoritaria, in Inghilterra potrebbe ritornare a vincere, e anche negli USA, dove i Democratici potrebbero riportare un successo nelle prossime elezioni di “mid term”. Va male solo in Francia, dove davvero al momento siamo quasi alla scomparsa, ma poi non tanto da noi, dove siamo pur sempre la terza forza partitica in termini numerici. Ma certo dobbiamo pur prendere atto dell’aver perso in pochi mesi un buon dieci per cento di consensi. E se ne comprendono bene le ragioni, non certo arcane. Come dicevo nel mio precedente domenicale, i motivi del successo di Salvini e, in misura minore, di Di Maio ci indicano in punteggiato in che cosa le nostre proposte non hanno funzionato. E dunque, dobbiamo prenderne atto e correre ai ripari. Venendo all’incontro di giovedì scorso, ho trovato troppo corrivo e “buonista” il discorso di Antonello De Otro, più attento e problematico quello di Luca Rizzo Nervo. Per venire al sodo, non è che Salvini abbia torto in tutto, mi pare giusta, e lo avevo già anticipato su queste mie pagine, la decisione contraria agli ONG, a questa strana consorteria di dilettanti, dediti a un’attività tra lo sportivo e l’umanitario che oggettivamente dà una mano agli scafisti, dimostrandosi pronta a raccogliere e salvare le fragili imbarcazioni da loro affidate alle onde. Lo facciano pure, se lo credono, ma vadano a sbarcare i salvati nei loro porti di partenza, o comunque se li procurino come clausola necessaria del loro altruismo, che diversamente è a spese nostre, troppo facile portarli nei nostri porti. Non è chiaro se Salvini pretende di estendere questo rifiuto anche alle nostre navi costiere impedendogli di raccogliere gli appelli dei naufraghi, questo sì che sarebbe grave e condannabile. E naturalmente i nostri porti devono rimanere aperti a navi che abbiano attuato dei salvataggi trovandosi sul luogo di passaggio, senza essere andate a cercarli di proposito. L’altro aspetto su cui dobbiamo darci una regolata è il connesso “buonismo” di voler andare a piazzare gli immigrati nelle nostre varie comunità, una soluzione che ha incontrato la diffidenza e il rifiuto di buona parte della popolazione. In proposito scattano due esigenze, che gli internati restino chiusi nei rispettivi centri, senza saltarne fuori “all’italiana”, come massa di irregolari che vanno a premere ai confini, o che turbano la tranquillità del nostro vivere civile. Si dà una grande possibilità, di far uscire gli immigrati, ma piazzandoli come forza lavoro opportuna, anzi necessaria, per coprire i tanti lavori cui i giovani italiani non intendono affatto adempiere. E allo stesso modo è inutile pretendere che gli altri paesi dell’EU si prendano a priori quote di questi immigrati, anche nel loro caso bisogna svolgere una attenta azione di piazzamento mirato, spedire via quanti possono essere assorbiti per vie legali, con tutti i crismi di un lavoro regolare.
Naturalmente, a parte questa minima quota di un possibile consenso, Salvini resta un orrido lanciatore di panzane, non è possibile il rinvio alle loro case di migliaia di immigrati, e riesce anche difficile la distinzione tra chi lo è per ragioni politiche o invece per ragioni economiche. La fame evidentemente è una causa non meno impellente di guerre o rivoluzioni politiche.
Infine, ammettiamolo, sia le mosse di Minniti, sia ancor più quelle di pari senso compiute da Salvini in direzione della Libia, per farle costituire dei centri di raccolta profughi, o per accettare le nostre motovedette ai fini di un servizio costiero più efficiente, al monto non sembrano dare i frutti sperati. Bisogna insistere, sperando in un forte finanziamento dell’UE, oppure possiamo noi stessi, come da me già detto più volte, prendere il posto della Turchia, chiedere un adeguato finanziamento e costituire questi centri di accoglienza pronti a una redistribuzione mirata e razionale di forza lavoro. Sarebbe anche una grande occasione per i sindacati, che al momento sono messi in acque peggiori delle nostre.
Col che ritroviamo grazie al solito punteggiato un’altra delle ragioni delle nostre sconfitte, ma rimediabile se impariamo la lezione. Ben poco, noi e i sindacati, abbiamo fatto per i giovani, a cominciare dai portatori di pizze e dagli addetti ai call center. Anche in questo campo ci siamo lasciati strappare il servizio dai Cinque stelle, lo dobbiamo riprendere in mano.

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