Arte

Pierluigi Panza: un valido contributo al centenario di Raffaello

La mostra doverosa che le Scuderie del Quirinale hanno allestito per i cinque secoli dalla morte di Raffaello è stata funestata dal lock down scattato quasi subito, a pochi giorni dall’apertura. Ora per fortuna può ripartire. Io ero riuscito a visitarla subito prima della chiusura e a darne un commento in questa sede. Se come suppongo fioriranno altri commenti, sono curioso di vedere se qualcuno vorrà condividere la mia radicale bocciatura del criterio iniquo seguito nell’allestimento, di percorrere le tappe essenziali del Sanzio alla rovescio, dalle ultime alle prime. Ma, in attesa di un simile responso, posso indicare come assai utile un contributo che ci viene da Pierluigi Panza (1963), brillante poligrafo asceso ai massimi livelli del “Corriere della sera”, soprattutto per l’arte, in cui si è affermato con una serie di contributi di valore, come il saggio sugli “Orientalismi” e interventi di accurata filologia su un grande quale Giambattista Piranesi. Nel suo carniere ci sta pure un brillante romanzo, “Nati sotto la luna”, e la ricostruzione di una figura, tra lo storico e il leggendario, come quella di un estroso talento dell’età barocca, Adam Brux. Io sono già intervenuto a più riprese su questi validi apporti, ora segnalo con pieno gradimento un’opera che potrebbe anche sembrare temeraria, in quanto dedicata a un personaggio che la tradizione, la leggenda vogliono assai vicina all’Urbinate, la Fornarina, un tema che rischia le facili cadute in un biografismo sentimentale, pronto a scivolare nel kitsch. Invece Panza ne fa un robusto contributo di attenzione alla cultura materiale di quell’epoca, affrontando l’angosciosa situazione cui a quei tempi erano soggette le povere donne. Non per nulla echeggia ancora nelle nostre orecchie il famigerato auspicio “auguri e figli maschi”. Sappiamo bene che le figlie, se di famiglia nobile, venivano per lo più destinate al convento, vedi la tragedia della Monaca di Monza. Se invece di bassi natali, venivano date in spose a mariti ubriaconi che le percuotevano, trattandole come schiave, o finivano ad alimentare la schiera innumerevole della prostituzione. La Fornarina viene ceduta, dal padre appunto fornaio, non si sa bene a quale condizione, alla cerchia del divino Maestro, a titolo di domestica o di femmina di piacere, ma con la salvezza che, essendo di particolare avvenenza, viene pure da lui assunta come modella. E senza dubbio tra i due si stabilisce un tenero rapporto di affetto, o quanto meno di attrazione sessuale. Proprio nel famoso ritratto che le dedica l’amante le pone un bracciale, come segno indubbio di possesso, con una leggibilissima firma, Raphael Urbinas, Panza ne approfitta per farci entrare davvero nell’officina del grande pittore con attenta, filologica evocazione dei suoi compagni di lavoro, elencati in apertura come “dramatis personae”, e ci sono tutti, con i loro nomi anagrafici, coperti da quelli che la storia ci tramanda, i vari Penni, Giovanni da Udine, Giulio Romano. C’è anche una efficace e attendibile ricostruzione del quadro sociale e di classe dell’epoca, con un Raffaello a cui, per la sua riconosciuta eccellenza, è lecito ricevere inviti ad alto livello. Ma evidentemente la modella e concubina di miseri natali non può varcare quelle soglie, anche se nutre un sogno quasi inconfessato, che il divino amante le dia un riconoscimento ufficiale, fino a sposarla. Invece l’alto stato da lui raggiunto gli riserva una giovinetta scialba, insipida, ma di grande famigli, che per fortuna della nostra trepida amante muore poco prima, o subito dopo le nozze. Ma poi se ne va anche il suo Dio in terra. Speriamo che sia vero, come asserisce il nostro Panza, che il convento le abbia aperto le porte e che non sia finita sulla strada. Purtroppo sempre la puntuale indagine del nostro autore chiude con un particolare che, se in qualche modo fosse giunto alla conoscenza della Fornarina, l’avrebbe stravolta. Nel Pantheon, accanto alla tomba del Grande, ci sta pure una lapide che ricorda quella in sostanza mancata sposa giovinetta, di cui però nessuno ha mantenuto il ricordo, mentre la Fornarina ancora ci sorride, ci seduce dal ritratto che l’amante devoto le ha dedicato.
Pierluigi Panza, Un amore di Raffaello, Mondadori, pp. 205, euro 17,50.

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