Letteratura

La cinquina finale del Campiello

Come previsto, vado a confrontare le mie ipotesi sulla graduatoria finale della cinquina del Campiello con l’esito della votazione che dovrebbe essere il frutto non già di pseudo-esperti, come avviene allo Strega, ma di una platea di lettori comuni. Purtroppo la mia prelazione a favore della Ranieri e del suo Stradario  eccetera non ha avuto seguito, quel romanzo, che a mio avviso è una delle cose migliori uscite nell’anno, è finito in fondo alla classifica. Mi rallegra invece il primo posto assegnato a Bernardo Zannoni, e ai Miei stupidi intenti, a cui avevo assegnato il secondo posto, anche se mi pare che si insista troppo sulla vocazione letteraria dimostrata da questo mondo delle faine. Meglio invece quando l’autore si impegna a tenerle fuori da manifestazioni antropologiche, a un basso livello animale. E non si capisce neppure il masochismo manifestato dal titolo esprimente la dichiarazione di stupidi intenti, mentre ovviamente l’autore è mosso da una felice invenzione, forse non del tutto rispettata. Per me al terzo posto veniva Antonio Pascale con La foglia difico, nel giudizio finale invece sollevato al secondo posto, ma non cambia il mio parere, gli alberi esibiti dal romanzo sono davvero una “foglia di fico” sotto cui si svolgono vicende umane abbastanza normali e risapute. Al terzo posto va  Il tuffatore, ovvero la biografia dedicata  a Raul Gardini, al tragico dilapidatore del tesoro di Ferruzzzi, morto suicida per aver sperperato invano l’immane patrimonio ricevuto, Avevo già detto che era una tessera del mosaico di incerta collocazione. Infine, penultimo il Bacà. E si può concordare, trattandosi di opera non priva di spunti apprezzabili ma non ben sviluppati-

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