Letteratura

RicercaBO 23

RiceracBO  23. Un giudizio

Mi permetto di esprimere un giudizio sul RicercaBO 23 finito appena ieri, non con l’ufficialità dell’organizzatore ma col diritto alla sincerità di chi agisce in proprio. Direi che siamo partiti bene con Luigia Bencivenga che fra l’altro ha agiato un termine opportuno, Whirwarr, già usato da Sanguineti, ma forse ancor più efficace l’espressione  spagnola, olla porrida, dove entra il connotato della putrefazione, come nel testo della Bencivenga, dominato dalle carcasse dei cani morti e delle polluzioni notturne. Ritengo che quella  sia stata l’insegna vincente dell’intero incontro, in cui fra l’altro abbiamo rasentato una quasi eguaglianza dei sessi, maschi sette contro femmine sei, e            quel maschio in più è stato dovuto a un inserimento all’ultimo  momento per una           questione di giustizia, in quanto il ripescato ha potuto dimostrare di essere arrivato tardi a consegnare il suo testo per u n  blocco del computer. Altro tema dominante, la supremazie della poesia sulla narrativa, anche se i testi poetici hanno saputo evitare con cura il poetichese, avvalendosi  di tutti gli espedienti  dalla prosa in prosa diGiovenale al  cadavere squisito di Breton e compagni, e menzionerei anche i responsi della Sibilla cumana che metteva le sue risposte su dei pizzini, ma poi una folata di  vento scompigliava l’ordine delle risposte rendendole incomprensibili. E così pure la maggior parte dei testi letti in questo incontro hanno trapuntato il loro fertile disordine di parole in libertà. Il che ha portato anche a una prevalenza di questa poesia sfrenata e ben lontana dal conformismo rispetto a una prosa costretta, come una lumaca, a portarsi dietro una corazza pesante. Con totale sovvertimento della graduatoria  che domina la letteratura corrente, dove si sa bene che a prevalere è la narrativa, mentre la poesia è relegata in una posizione ancillare. A dire il vero i pochi rappresentanti della prosa, hanno fatto di tutto per introdurre  qualche coefficiente di disordine, di imprevisto. Alessandro Caliandro, forse il migliore, ha inserito nella sua prosa come degli aghi, dei respingenti, qualche altro ha inserito delle voci dialettali,  magari di sua invenzione, oppure un  volo di uccelli, tanto per rompere un itinerario diversamente prevedibile.   Non ha funzionato il tentativo di far convivere la scrittura fonetica con delle illustrazioni visive, proponendo un fotoromanzo, come ha tentato di fare per esempio Morena Coppola, meglio cancellare dall’attenzione gli aspetti illustrativi e cercare di salvare i dati poetici, anch’essi  partecipanti al generale e dominante whirrwharr. Io mi sono divertito a ricordare mia madre che traduceva il tutto con un semplificato  purpurì. Bene,  questa è stata la formula vincente dell’incontro, e anche l’aspetto che ha caratterizzato l’intera  manifestazione.

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