Letteratura

Albinati: un adulterio del tutto normale

L’anno scorso in queste mie pagine del tutto private avevo dato un pieno assenso al conferimento del Premio Strega a Edoardo Albinati con la sua “Scuola cattolica”, dichiarandolo il miglior rappresentante di quello che Spinazzola chiamerebbe un New Italian Realism, e io più prosaicamente un neo-neorealismo, volto a fare il ritratto della vita comune come si svolge ai nostri giorni, in una società malgrado tutto opulenta e affluente. Caso mai, in quell’opera bulimica l’errore dell’autore stava proprio nel voler uscite da una media statistica, che era capace di frequentare così bene, per inserire un fattaccio, quale il delitto del Circeo, i cui protagonisti con tutta evidenza si inoltravano in un cammino eccessivo e perverso. Ora a breve distanza, è come se Albinati avesse effettuato il prelievo di un campione di tessuto, da quella sua prova così vasta, andando a cavarne fuori “un adulterio”, ovvero un episodio del tutto normale e statisticamente frequente, presentandolo nei modi più ligi a come un qualcosa del genere si può ben supporre che si possa consumare nei nostri tempi. E dunque, incontro fortuito tra i due, entrambi inseriti nella buona società, come attesterebbero i nomi fastosi, Clementina lei, Eraldo lui, ma subito “abbassati” in abbreviazioni più correnti, Clem, Erri. Entrambi tutto sommato stanchi del ménage coniugale, con tanto di figli, ma non al punto di avere il coraggio di romperlo, decisi tutt’al più a prendersi una vacanza sessuale, ma nel rispetto di certi confini. Così per esempio “lui”, prima di ogni accoppiamento, si raccomanda che “lei” non gli lasci segni, graffi, altre tracce del trasporto erotico, che sarebbe difficile giustificare rientrando nella vita normale di coppia. Inoltre, altro segno dei tempi, entrambi restano collegati attraverso i rispettivi cellulari ai legittimi consorti, avendo tutt’al più attenzione a non far filtrare rumori, voci, altri indizi che rivelino la presenza del partner, Anche questo è tipico dei nostri tempi, e della narrativa che intende esserne copia conforme, il fermo proposito di evitare drammi sentimentali, legami affettivi nutriti in profondità. E c’è anche il tacito impegno, del narratore con se stesso, di evitare l’incidente, il caso, il fato, con inserimenti crudeli e spietati. Molte circostanze ci fanno stare con il fiato sospeso, temendo, o augurandoci ad ogni passo che scatti qualche sciagura. I due consumano, tra mille sotterfugi, la loro evasione sentimentale ovviamente su un’isola, con immersioni in un mare magnifico, in cui Clem si esibisce con maggiore scioltezza e capacità natatoria, ma creando un leggero clima di suspense. Forse si allontana troppo dal battello noleggiato, forse non riesce a rientrare a bordo? Sarebbe decisamente fuori luogo supporre l’intervento di uno squalo. E quando i due, felici come scolaretti in vacanza, se ne vanno in motorino, con guida maldestra, rasentando gli orli di un precipizio, non è che ci cadono, che ci scappa il morto? Ma no, il tutto, come già detto, rispetta un andamento medio che non prevede catastrofi. E così pure in albergo non ci sono spiacevoli incontri, comparse di terzi che magari conoscono uno dei due amanti e smascherano la loro tresca. Tutto insomma si svolge nella norma, ma con pienezza di dati sensoriali, atmosferici, natatori, e beninteso e prima di tutto erotici, con i due che applicano il manuale di tutte le pose corporali possibili. Ma il racconto non spinge mai i pedali in qualche direzione irreversibile, tiene le carte in sospeso, finché non c’è il ritorno all’ovile, che proprio la pausa intervenuta, la piacevole e distensiva parentesi, fanno apparire più accettabile. I due si lasciano con vaghe promesse di mantenere il rapporto, ma tutto ciò se ne sta “fuori quadro”, il bozzetto, il cartone ha esaurito il suo compito.
Edoardo Albinati, Un adulterio, Rizzoli, pp. 126, euro 16.

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